Teatro

Natalino Balasso racconta la Mitologia del Polesine

Natalino Balasso
Natalino Balasso

Oltre vent'anni di carriera alle spalle. Il teatro, la tv, il cinema. Un bella intervista a Natalino Balasso.

Natalino Balasso. Ha iniziato quasi vent'anni fa a fare teatro ma la notorietà gliel'ha data Zelig, dove ha presentato i suoi lunatici personaggi, da Anatoli Balasz al politico che si presenta alle elezioni. Poi Mai dire Mai e la radio lo consacrano nell'Olimpo degli attori più piacevoli, grazie alla caratteristica di non essere mai volgare o pesante, ma negli anni ha pubblicato libri, creato e interpretato opere teatrali da monologhista e fatto il regista. 

Ora ha scritto, dirige e interpreta Ercole in Polesine, ovvero il mito greco che circola da secoli tra i fumi della Val Padana e che, fra tante risate, ci ricorda le avventure di personaggi dei miti e delle leggende che avevamo studiato sui banchi di scuola e un po' dimenticato. Risponde con gentilezza alle mie curiosità.
 

Come ti è venuto in mente di parlare di miti antichi? 
La prima scintilla è stato uno studio sul DNA che diceva che in Italia il ceppo dominante è celtico, escluso il Veneto dove sono quasi tutti residenti, ovvero più antichi dei celti: i venetici. Ma nel delta c’è tutt’altro, ovvero un gruppo greco-macedone e questo mi ha molto incuriosito. 


Perché ti sei sentito coinvolto? 
Mi interessava molto. Ho abitato per anni ad Adria fin da piccolo, fino ai 18 anni. Provengo da quella zona, sono nato a Porto Tolle, nell’estremo delta del Po, vicino al mare. Sono posti molto umidi e con la famiglia si è viaggiato in paesi sempre circostanti. Invece Adria mi ha abbastanza affascinato, ha una storia più antica di Roma, pensa che c’è un teatro greco antichissimo. Così sono passato allo studio e poi ho avuto l’idea dello spettacolo, per parlare di Fetonte e degli Argonauti, che sono definiti nel Po. 

Ti servi di storie antiche per prendere spunti? 
Siamo sempre meno capaci di inventare e scrivere storie e così ho voluto farlo per usare argomenti già validi, con tanti riscontri che solo col racconto del comico potevano acquistare fascino. 

Non ci si aspetta tanta cultura da chi ha fatto Zelig… 
Sono 20 anni che faccio teatro. Si parla tanto di Zelig ma io ho fatto solo due anni, dal 2000 al 2002 e poi più nulla e la cosa non mi dispiace. La televisione è molto facile da fare ma quest’anno siamo in tour con Laura Curino in Viaggiatori di pianura, regia di Vacis. Con Vacis abbiamo cominciato a collaborare facendo cose a fianco di Marco Paolino, come Libera Nos nel 2005. E’ un titolo del ’91 di Paolini che abbiamo ripreso tre anni fa, che riprenderemo ancora e che ha avuto molto successo. Credo di essere uno dei pochi a fare repertorio: questo spettacolo gira da 5 anni e va sempre bene. Ne ho un altro, ambientato nel delta del Po ambientato negli anni ’30-’40, La tosa e lo storione

A proposito di Paolini, un po’ gli somigli. Ti ha ispirato? 
Il fatto dell’assimilazione col veneto fa il gioco. Col romano non diresti che tutti sembrano Sordi. Ma sì, con lui ho lavorato e amo molto questo suo modo di raccontare, che ha una matrice comune: è Luigi Meneghello. l’autore di Libera Nos a Malo. La differenza tra noi è che io non sono molto narratore, mi piace di più il lato grottesco, mi piace recitare, mentre lui credo sia diventato un maestro nell’affabulazione, un po’ come Dario Fo. Io mi sento meno popolareggiante e più popolare, mi immedesimo di più nei personaggi che racconto. 


Chi è il vero maestro, secondo te? 
Penso che il maestro di tutti resti Dario Fo e non ho certo dimenticato il Mistero Buffo quando ho elaborato questa cosa. Credo che sia un modello e un riferimento irrinunciabile, soprattutto per un comico. 

Come ti muoverai prossimamente? 
Sto portando in giro contemporaneamente La Tosa e lo storione, in primavera portiamo Viaggiatori di pianura con Laura Curino, scritto con Gabriele Vacis che ne cura la regia e ancora Ercole in Polesine.

Com’è il tuo privato? 
Io amo molto fare una vita deformale: sono sposato, non ho figli, mi piace fare la spesa, viviamo in campagna, andiamo a prendera la legna, facciamo le cose che fanno gli umani, lei mi segue in tour. Io ho sposato mia moglie perché è una donna che ride e abbiamo la fortuna di esserci organizzati la vita in piccole produzioni, con monologhi in cui sono io che giro. Invece nelle compagnie non entriamo in produzione, dato che si occupano loro dell’organizzazione degli spettacoli. 

Hai qualche sogno nel cassetto? 
I sogni fanno fatica a stare nei cassetti e ne ho molti, certo, ma non sono sogni di ambizione. Mi piace già come sono, anche fisicamente: mi ritengo molto bello e i miei sogni riguardano ciò che mi circonda, non me stesso. Adesso per esempio mi piacerebbe concentrarmi su figure di uomini buoni: non santi, che in televisione se ne vedono fin troppo. Ma buoni, perché sembra che se non sei stronzo non vali. Invece bisogna essere buoni, come diceva un prete citato da Luigi Meneghello in Libera Nos, credo fosse Don Culatta, un soprannome un po’ particolare ma significativo.